ESPOSIZIONE SOLARE E VITAMINA D IN ETA’ PEDIATRICA

Introduzione

La vitamina D, ormone liposolubile, è presente in natura in due forme, la vitamina D3 (colecalciferolo), di origine animale, e la vitamina D2 (ergocalciferolo), di origine vegetale.

La principale sorgente di vitamina D nell’uomo deriva dalla sintesi a livello cutaneo in seguito all’esposizione solare. La vitamina D è anche presente in numerosi alimenti, ma solo pochi di essi ne contengono quantità significative (salmone, sardine, olio di fegato di merluzzo, funghi). Per lo svolgimento delle sue funzioni fisiologiche, pertanto, l’apporto dietetico rimane trascurabile, intorno al 10-20% di quanto necessario, a eccezione di eventuali fortificazioni di alimenti. La fortificazione su base nazionale dei prodotti caseari è una strategia adottata in numerosi paesi nordeuropei per contrastare il deficit di vitamina D. Ciò determina che la prevalenza di ipovitaminosi D in tali nazioni sia inferiore a quella registrata in nazioni a una latitudine di minor rischio, come l’Italia o la Spagna. Non adeguati stili alimentari, come l’abolizione della colazione o la sostituzione di latte e latticini con bevande a minor valore nutrizionale riducono ulteriormente il potenziale approvvigionamento dietetico quotidiano di vitamina D. Inoltre, una dieta “western”, eccessivamente ricca di sodio e proteine, determina un aumento del fabbisogno calcico che, se carente, riduce l’efficacia della vitamina D endogena o esogena.

 

A livello cutaneo, dal deidrocolesterolo si ottiene la previtamina D3, che si trasforma in vitamina D3 (colecalciferolo) attraverso un processo di termo-conversione. Il colecalciferolo raggiunge il fegato veicolato da una proteina di trasporto, la VDBP (vitamin D-binding protein). Nel fegato il colecalciferolo viene idrossilato in posizione 25 dalla 25-idrossilasi, originando la 25(OH)D, o calcidiolo, il quale costituisce il marcatore dello stato vitaminico D, essendone il metabolita con la maggior emivita (circa 4 settimane). Il calcidiolo viene ulteriormente idrossilato a livello renale da parte dell’alfa-idrossilasi, dando origine alla 1,25(OH)2D, o calcitriolo, la forma biologicamente attiva della vitamina D. L’attività della 1-alfa-idrossilasi è regolata dal PTH e dal fibroblast growth factor 23 (FGF23) a livello renale.

La 1,25(OH)2D si lega al recettore della vitamina D (VDR), esplicando numerose delle sue funzioni, in particolare la regolazione del metabolismo fosfo-calcico, svolgendo un ruolo fondamentale nei processi di mineralizzazione ossea. In caso di carenza di vitamina D, solo il 10-15% del calcio e il 60% del fosforo presenti nella dieta vengono assorbiti a livello dell’intestino tenue. Il metabolismo della vitamina D è molto più complesso di quanto riassunto poc’anzi rispetto alla regolazione del sistema fosfocalcico. La 1-alfa-idrossilasi è espressa in numerosi altri tessuti, come i macrofagi e i monociti, in cui la sua attività è regolata da fattori differenti dal PTH e dal FGF23, tra cui numerose citochine. Ciò implica una produzione locale di calcitriolo, indipendente dal PTH, e una azione autocrina e paracrina. Inoltre, studi recenti hanno mostrato come il metabolismo della vitamina D sia caratterizzato da altri metaboliti/cataboliti intermedi con idrossilazioni in posizione 17, 20, 23 e 24. Tali metaboliti sono coinvolti nelle funzioni di regolazione delle attività tessuto-specifiche, implicate nelle cosiddette azioni “extra-scheletriche” della vitamina D.

Numerosi studi osservazionali hanno evidenziato come ridotti livelli circolanti di 25(OH)D si associno a varie condizioni patologiche, tra cui le patologie autoimmuni, le patologie metaboliche, incluso il diabete mellito di tipo 2, e le infezioni respiratorie. I recenti trial di intervento, in particolare il VITAL, hanno dimostrato che uno stato di euvitaminosi D o il trattamento con colecalciferolo possano contribuire alla riduzione del rischio di alcune di queste patologie, in particolare autoimmuni, nei soggetti adulti a rischio. Seppure le basi fisiopatologiche siano solide, sono necessari ulteriori studi di intervento, in particolare in età pediatrica, per dimostrare l’efficacia di un trattamento con vitamina D nella riduzione del rischio di sviluppo o di gravità di queste patologie. Sono, inoltre, necessari studi che valutino anche il ruolo dei metaboliti intermedi.

Il metabolismo cutaneo della vitamina D e sue implicazioni cliniche

 

Come già introdotto, la vitamina D nell’uomo deriva dalla sua sintesi a livello cutaneo in seguito all’esposizione solare.

La più frequente causa di deficit di vitamina D è la scarsa esposizione solare, in particolare nelle zone verso i Poli (40 parallelo).

Il colecalciferolo è prodotto a livello cutaneo a partire dal 7 deidrocolesterolo dopo un’esposizione a raggi UVB con specifica lunghezza d’onda (280-315 nm). La sintesi avviene attraverso un processo sequenziale. Il 7-deidrocolesterolo è prima convertito in pre-colecalciferolo, che successivamente isomerizza a colecalciferolo in una reazione non-enzimatica termo-indotta. Il grado di intensità degli UVB e il contenuto cutaneo di melanina influenzano gli UVB che realmente modulano il 7-deidrocolesterolo determinando, pertanto, il rischio di minore sintesi di vitamina D nei fototipi più scuri. La pelle più sottile, come negli anziani, ha una ridotta capacità di sintesi della vitamina D (riduzione del 13% circa per decade a partire dai 20 anni di età). L’eccessiva esposizione solare, a sua volta, degrada il pre-colecalciferolo e il colecalciferolo in foto-prodotti inattivi, come il lumisterolo. Pertanto, l’esposizione breve agli UVB aumenta la sintesi di colecalciferolo. Il picco di sintesi cutanea nei soggetti a fenotipo cutaneo chiaro si ottiene nelle ore 10.00-15.00, con un’esposizione solare di 15 minuti su circa un quarto di superficie corporea (braccia e volto; oppure braccia, mani e gambe; > 40% di superficie corporea, invece, nei soggetti anziani). In popolazioni adulte è stato dimostrato che l’esposizione a luce UVB a metà della minima dose eritematosa, 3 volte a settimana per 3 mesi su una superficie corporea del dorso di 1000 cm2, sia in grado di aumentare i livelli di 25(OH)D da 10 ng/ml a 24 ng/ml in modo sovrapponibile alla supplementazione orale con 400 UI/die di colecalciferolo, mentre non vi sono ancora dati sull’esposizione corporea completa. Per l’età pediatrica, l’American Academy of Pediatrics (AAP) nel 2008 ha concluso che 2 ore di esposizione solare a settimana in bambini completamente vestiti, ma senza cappello, sia sufficiente per mantenere dei livelli di vitamina D > 11 ng/ml nei fototipi chiari.

 

Nei paesi africani, ove la supplementazione con vitamina D come strategia preventiva del rachitismo è valutata attualmente solo nei soggetti fortemente a rischio, si propone l’esposizione solare al mattino (8.00-10.00) per 10 minuti svestiti o per 30 minuti vestiti a partire dalla seconda settimana di vita. Inoltre, sembra che i fenotipi cutanei asiatici necessitino di un’esposizione 2-3 volte superiore ai fenotipi caucasici, perlomeno negli adulti. Una stima precisa della sintesi cutanea di vitamina D a ogni età è comunque difficile da ottenere, essendo numerosi i fattori contribuenti, in particolare l’intensità solare degli UVB (stagione dell’anno e precipitazioni), il fototipo cutaneo, la superficie corporea esposta all’irraggiamento solare, la latitudine di residenza, l’ora del giorno di esposizione e altri fattori ambientali quali l’inquinamento, il tipo di terreno ecc., che influenzano la rifrazione solare. A tali fattori si aggiungono, ovviamente, l’uso di parasoli e di filtri solari e l’area di protezione cutanea attraverso di essi. Se il deficit di vitamina D ha una minor prevalenza nei mesi a maggior irraggiamento solare è, comunque, frequente nei mesi a minor irraggiamento anche nelle regioni geografiche più prossime all’Equatore. Tali dati sono confermati anche in studi pediatrici condotti nel Sud Italia.

 

Il rischio di bassa esposizione va, pertanto, valutato in modo sartoriale in base all’età, al fototipo cutaneo, all’etnia, allo stile di vita e alle abitudini quotidiane. Recentemente, un documento programmatico ha riassunto la legislazione e le problematiche inerenti all’esposizione solare nei paesi del G7, in Australia e Nuova Zelanda. Sulla base del fatto che i benefici della protezione solare superano i possibili rischi, gli Autori suggeriscono alcune strategie da implementare a livello globale, che in ambito pediatrico includono la protezione cutanea attraverso filtri solari detassati, per favorirne l’utilizzo, la presenza di aree adeguatamente attrezzate a ridurre l’esposizione solare in strutture scolastiche e sportive, oltre che tessuti protettivi correttamente etichettati. Gli Autori sottolineano che tali strategie potrebbero incrementare il deficit di vitamina D e che tale azione preventiva dovrebbe essere controbilanciata da un’ulteriore politica di fortificazione alimentare o supplementazione con vitamina D nelle categorie a rischio per il deficit. Queste indicazioni di prevenzione in primis dei tumori cutanei, su cui vi sono dati scientifici certi, sono in linea con le indicazioni della AAP e della Consensus della SIP, SIPSS e FIMP sulla vitamina D in età pediatrica, partendo dal presupposto che a oggi non vi sia ancora una definizione condivisa di esposizione solare ottimale per la sintesi di vitamina D. Si può, pertanto, suggerire che le esposizioni brevi cautelative nelle prime ore del mattino, in presenza di filtri solari nelle stagioni a maggiore irraggiamento, sia attualmente una raccomandazione di cautela corretta a cui aggiungere la prevenzione del deficit attraverso supplementazione; in particolare quando coesistano altri fattori di rischio per il deficit, come l’eccesso ponderale, il fenotipo cutaneo più scuro, i malassorbimenti o le terapie interferenti con il metabolismo della vitamina D.

Definizione dello stato vitaminico D

Lo stato vitaminico D si valuta con il dosaggio della 25(OH)D, il metabolita epatico della vitamina D a maggior emivita. I livelli di normalità della 25(OH)D sono fortemente discussi in letteratura, da parte di numerose Società Scientifiche, riferendosi a dati di adulti e anziani con rischio di fragilità ossea.

Senza entrare nella disamina della scelta di un limite rispetto a un altro, dopo attenta revisione di tutti i dati scientifici ed epidemiologici pubblicati, nonché le posizioni di numerose Società Scientifiche, la Consensus della SIP, SIPSS e FIMP sulla vitamina D in età pediatrica definisce e il deficit di vitamina D in presenza di livelli di 25(OH)D < 20 ng/ml. Definisce, inoltre, un deficit grave se i livelli di 25(OH)D sono < 10 ng/ml, limite sotto cui è elevato il rischio di sviluppare un rachitismo carenziale. Livelli di 25(OH)D compresi tra 20 e 29 ng/ml definiscono uno stato di insufficienza di vitamina D, mentre ≥ 30 ng/ml uno stato vitaminico D sufficiente, a cui sembrano associarsi gli effetti pleiotropici 2,9. Con il termine di ipovitaminosi D si indica sia il deficit sia l’insufficienza, ovvero si definisce per livelli di 25(OH)D < 30 ng/ml.

Prevenzione e trattamento del deficit di vitamina D in condizioni di bassa esposizione solare in età evolutiva

La Consensus della SIP, SIPSS e FIMP sulla vitamina D in età pediatrica pone le indicazioni sia per la profilassi con vitamina D dalla nascita ai 18 anni, sia per il trattamento del deficit di vitamina D.

 

La profilassi con vitamina D dovrebbe, pertanto, essere eseguita nelle condizioni di ridotta esposizione solare a dosaggi giornalieri, che sono influenzati dall’età del soggetto e dalla presenza di eventuali fattori di rischio aggiuntivi, in particolare l’obesità. Il colecalciferolo è la terapia di prima scelta sia nella prevenzione sia nel trattamento della carenza di vitamina D. I metaboliti/analoghi idrossilati sono indicati in particolari condizioni cliniche (epatopatie, ipoparatiroidismo, malassorbimenti, ecc.).

La Nota 96 AIFA, che ha regolamentato la rimborsabilità della vitamina D nella popolazione adulta, ha mantenuto invariate le indicazioni in età pediatrica. Riguardo la profilassi, per mantenere livelli adeguati di vitamina D nei bambini e adolescenti è raccomandato un supplemento giornaliero di 600 UI, mentre è raccomandato un supplemento di 400 UI nel primo anno di vita.

Nei bambini e adolescenti a rischio di deficit, il dosaggio suggerito può essere aumentato fino a 1.000 UI/die. Tra i diversi fattori di rischio per l’incremento di dosaggio fin dalla nascita vi è l’etnia non caucasica con fenotipo cutaneo scuro. Nei bambini e adolescenti con scarsa esposizione solare durante l’’estate, si suggerisce una supplementazione con colecalciferolo nel periodo autunno-primavera (novembre-aprile), mentre tale supplementazione è da proseguire tutto l’anno in caso di fattori di rischio permanenti per il deficit (come il fenotipo cutaneo). Se vi è anche una condizione di obesità, si suggeriscono 1.500 UI/ die almeno durante il periodo novembre-aprile. Se il soggetto con obesità presenta una ridotta esposizione solare anche nei mesi primaverili-estivi, solitamente per abitudini di vita sedentarie, se ne consiglia la profilassi a dosi aumentate durante tutto l’anno. Riguardo il deficit di vitamina D, i dosaggi di colecalciferolo consigliati sono, invece, 2.000 UI/die o 50.000 UI/settimana per 6-8 settimane, per ottenere uno stato di sufficienza di vitamina D.

In condizione di obesità si suggeriscono dosi raddoppiate-triplicate (4.000-6.000 UI/die) con medesimo schema settimanale, come da indicazioni dell’Endocrine Society. Dopo il trattamento, si suggeriscono le dosi per la supplementazione secondo i fattori di rischio coesistenti. Inoltre, la Consensus della SIP, SIPSS e FIMP promuove l’esposizione alla luce solare secondo le indicazioni soprastanti e l’attività fisica all’aria aperta durante il periodo primaverile ed estivo.

Conclusioni

 

I dati presenti in letteratura dimostrano con chiarezza che la ridotta esposizione solare è un fattore di rischio per il deficit di vitamina D, anche in aree geografiche a più elevato irraggiamento. Non vi sono ancora dati sufficienti volti a dimostrare la dose di UVB ideale in base ai molteplici fattori implicati nella sintesi di vitamina D a livello cutaneo come l’età, il fenotipo cutaneo o l’etnia.

Si suggerisce, pertanto, di promuovere uno stile di vita sano, una dieta adeguata, l’attività fisica e il gioco libero all’aperto, con adeguate protezioni solari nelle ore a maggior irraggiamento per la prevenzione dei tumori cutanei.

Una supplementazione con vitamina D è suggerita se esistano fattori di rischio concomitanti o se non vi sia esposizione solare adeguata nelle prime ore del mattino, in particolare nei mesi autunnali-primaverili.

Di Flavia Prodam

Dipartimento di Scienze della Salute; SCDU Endocrinologia, Dipartimento di Medicina Traslazionale, Università del Piemonte Orientale, Novara

 Da “ilmedicopediatra” Periodico della Federazione Italiana Medici Pediatri.

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