Acido ascorbico
Dallo scorbuto al COVID-19
L’acido L-ascrobico, o ascorbato, è un lattone a 6 atomi di carbonio (C). L’uomo è incapace di sintetizzare tale molecola a causa della mancanza dell’enzima gulonolattone ossidasi. La vitamina C è prodotta a partire dal glucosio nella maggior parte degli esseri viventi, tuttavia gli umani non sono in grado di sintetizzarla e devono procurarsela attraverso l’alimentazione. Nell’uomo e nei primati manca un enzima chiave del processo di sintesi, la gulonolattone-ossidasi, il cui gene, ancora presente nel nostro DNA, presenta un numero molto elevato di mutazioni, tanto da non dare luogo a prodotti funzionali. Pertanto per il nostro organismo la vitamina C è un nutriente essenziale (essenziale significa che l’organismo non è in grado di sintetizzarlo autonomamente, ma richiede necessariamente d’introdurlo attraverso la dieta). Appartiene al gruppo delle vitamine cosiddette idrosolubili, ossia quelle che si sciolgono in acqua e non vengono immagazzinate all’interno del corpo: ecco perché abbiamo bisogno di introdurle quotidianamente attraverso l’alimentazione o assumendo integratori alimentari. In quanto molecola idrosolubile viene eliminata con le urine. Poiché la vitamina C non viene prodotta dall’organismo e non può essere immagazzinata, la dose giornaliera deve essere assunta attraverso una dieta sana ed equilibrata e/o opportuna integrazione.
E’ sensibile alle alte temperature (termolabile) ragion per cui si perde del tutto in caso di cottura. È anche per questo che si rischia di avere carenza. Infatti, pur essendo contenuta in alimenti, per lo più frutta e verdura, questi, qualora mangiati, devono essere conservati per non più di 3-4 giorni e consumati crudi o comunque poco cotti. Ciò per godere appieno dei benefici della vitamina.
Una volta assunta la vitamina C viene assorbita nella parte prossimale dell’intestino tenue per trasporto facilitato Na+dipendente. Il suo assorbimento è molto efficiente, tuttavia
diminuisce in vecchiaia, nei casi di acloridira e di infezioni intestinali. Il grado di assorbimento per dosi dietetiche è elevato 70÷90 % . L‘aspirina ne inibisce l’assorbimento.
Se assorbito, l’ascorbato entra in circolo. Viene trasportato nel plasma dall’albumina sotto forma di acido ascorbico, che entra nelle cellule come acido deidroascorbico –l’insulina favorisce il passaggio e il glucosio lo inibisce. Una volta entrato, l’acido deidroascorbico viene ridotto ad acido ascorbico che si concentra prevalentemente nel citoplasma dove svolge la funzione di antiossidante.
L’acido ascorbico, e relativi prodotti del catabolismo, viene eliminato principalmente con le urine; viene riassorbito, in parte, nei tubuli renali per trasporto attivo Na+ dipendente, che insieme all’assorbimento intestinale rappresenta un meccanismo di regolazione omeostatica. Per dosi giornaliere della vitamina inferiori ai 100 mg/die non si ha presenza apprezzabile nelle urine di ascorbato o deidroascorbato. Con dosi superiori ai 500 mg/die inizia l’eliminazione.
L’acido ascorbico è una vitamina fondamentale ed essenziale per il benessere del nostro organismo, tanto che una sua carenza causa lo scorbuto, malattia mortale. Il nome ascorbico deriva proprio da a-scorbuto.
Funzioni –
L’ascorbato, partecipando a molte reazioni metaboliche, detiene sia funzioni correlate al suo ruolo di cofattore enzimatico sia funzioni non coenzimatiche.
Nel primo caso gli enzimi che richiedono l’acido ascorbico sono monossigenasi (incorporano un singolo atomo di ossigeno nel substrato) e diossigenasi (incorporano entrambi gli atomi dell’ossigeno molecolare O2). Quindi, in queste reazioni l’ascorbato promuove l’attività dell’enzima mantenendo gli ioni metallici, anch’essi cofattori, nella loro forma ridotta. In particolare:
- tre diossigenasi (prolil4idrossilasi, prolil3idrossilasi e lisil-idrossilasi) sono implicate nella sintesi del collagene. Non a caso molti dei sintomi della malattia da carenza sono attribuibili ad alterazione della biosintesi di questa molecola connettivale. Per sintetizzare la proteina collagene è necessaria l’attivazione degli enzimi di sintesi della proteina stessa, possibile solamente attraverso la presenza di un atomo di ferro nella forma ridotta Fe2+, la forma che viene assorbita dall’organismo a livello intestinale.La vitamina C mantiene la forma ridotta del ferro nella forma Fe2+ e, conseguentemente, da una parte favorisce la formazione del collagene, dall’altra aiuta l’organismo nell’assorbire in maniera ottimale il minerale ferro.
- Due diossigenasi ascorbato-dipendenti (la 6-N- trimetil-L-lisina idrossilasie la gamma-butirrobetaina idrossilasi) sono coinvolte nella sintesi della biosintesi della carnitina. La vitamina C partecipa allasintesi della carnitina. Tale molecola è essenziale per il trasferimento di acili, acidi grassi liberati dai trigliceridi, all’interno dei mitocondri, dove possono essere utilizzati per produrre energia. Quindi, sostanza necessaria per il metabolismo dei grassi.
- Inoltre l’ascorbato è anche cofattore di due monoossigenasi che conducono dalla dopamina alla noradrenalina. Partecipa inoltrecon ogni probabilità, alla conversione del triptofano in serotonina.
- La vitamina C è necessaria per l’azione della PAM(peptidilglicina monoossigenasi), un enzima che rende possibile maturazione e attivazione di tutta una serie di peptidi ormonali come ossitocina, vasopressina, colecistochinina, calcitonina, gastrina, molecole che senza l’intervento della PAM rimarrebbero del tutto inerti. Trattasi di un gruppo di sostanze che hanno azioni molto diverse e che coinvolgono processi altrettanto diversi e importanti; risulta evidente il ruolo cruciale che la vitamina C svolge nel controllare e regolare i normali processi fisiologici.
L’acidità e il forte potere riducente, la capacità cioè di donare elettroni ad altre sostanze, sono dovute alla particolare struttura chimica del composto in cui sono presenti 2 gruppi ossidrile (-OH) legati a due atomi di carbonio uniti da un doppio legame (enediolo). In tutti i processi descritti la vitamina C non fa altro che cedere elettroni ad una sostanza in grado di accettarli. In genere gli elettroni della vitamina C vengono utilizzati per ridurre metalli come il ferro ed il rame, sostanze altamente reattive che proprio per questo sono messe in sicurezza all’interno di enzimi che permettono di utilizzare questa loro reattività in maniera controllata, per specifici fini, in presenza di ossigeno.
Riassumiamo dicendo che è un cofattore enzimatico di idrossilazione che consente la formazione di collageno, carnitina ed adrenalina. Tutte queste funzioni, analizzate dal punto di vista biologico e biochimico, si traducono e si esprimono in effetti visibili.
Ergo l’ascorbato che con “quella reazione importante” porta alla sintesi di collagene, in realtà sintetizza una proteina strutturale fondamentale del nostro organismo. Il collagene è una delle proteine maggiormente rappresentate all’interno del nostro corpo come tessuto connettivo, è presente in ossa, denti, cartilagine, tendini e legamenti, pelle, gengive, vasi sanguigni… . Infatti un suo difetto causa gengive sanguinanti, denti che cadono, debolezza dei capillari, pelle lacerata e che fatica a rimarginarsi.
Le fibre del collagene costituiscono oltre il 25% del contenuto totale di proteine del corpo umano e rappresentano un elemento strutturale fondamentale del tessuto connettivo, ossa, cartilagini, legamenti, pelle e vasi sanguigni. Senza vitamina C le fibre di collagene maturano con difficoltà, con problemi severi per tutti i tessuti in cui sono presenti: rottura della parete dei vasi, articolazioni gonfie, gengive sanguinanti e così via, tutti i terribili sintomi dello scorbuto. Già solo per gli effetti conseguenti la sintesi di collagene diciamo che l’ascorbato è benefico in quanto :
- aiuta a mantenere la normale funzionalità dei vasi sanguigni
- consente di mantenere la salute di denti e gengive
- partecipa alla formazione e crescita del tessuto osseo e connettivo
- aiuta a mantenere sana la pelle
- aiuta la cicatrizzazione delle ferite
- interviene nella riparazione dei tessuti.
In conclusione: è essenziale per il benessere della pelle e di tutto il tessuto connettivo, visto il suo ruolo determinante nella sintesi del collagene.
Biosintetizzando la noradrenalina, diventa cruciale per il corretto funzionamento del sistema nervoso. Questa è un importante neurotrasmettitore, essenziale nel modulare la risposta allo stress
Sintetizza la carnitina utile poiché senza di essa non siamo in grado di utilizzare i grassi a fini energetici e inoltre l’accumulo di acidi nei mitocondri ne danneggia la funzionalità. Il malessere, la fatica, la stanchezza, tipiche dello scorbuto, derivano proprio da ciò.
La vitamina C è importante per il metabolismo del ferro inorganico, poiché lo mantiene nello stato ferroso, forma solubile e quindi biodisponibile (a differenza della forma ferrica che genera ossidi non assorbibili), riducendolo dalla forma ferrica, Fe3+, a quella ferrosa, Fe2+, molto più solubile e quindi assorbita più facilmente. Lo stesso risultato – dalla reazione all’effetto fisiologico- si vede per il ferro. In pratica rende possibile e facilita l’assorbimento del ferro. Inoltre è necessario per l’incorporazione del ferro a livello dei tessuti dove ne aumenta la biodisponibilità intracellulare. Quindi, è una sostanza che con il suo ruolo antagonizza le anemie.
Comunque dispone anche di funzioni non legate all’attività di enzimi.
Una principale attività della vitamina C è quella antiossidante: questa attività è nota come “scavanging”. L’acido ascorbico ancora una volta dona elettroni a specie che ne sono affamate: stavolta si tratta di radicali liberi, specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto, che grazie agli elettroni donati formano composti stabili, spezzando una catena di reazioni che, se lasciata continuare senza controllo, potrebbe portare a un severo stress ossidativo. Il basso potenziale redox permette alla vitamina di funzionare da antiossidante verso molti sistemi, inclusi il radicale alfa-tocoferile, lo ione superossido, il radicale dell’urato. Tale azione è svolta sia a livello cellulare che plasmatico, proteggendo la struttura del DNA, delle proteine e delle membrane dai danni che tali ossidanti potrebbero provocare. La vitamina C è un potente antiossidante che interviene nella difesa cellulare dai radicali liberi, come la vitamina E, ma a differenza di questa che è liposolubile e quindi protegge le membrane delle nostre cellule, la vitamina C è idrosolubile, quindi in grado di penetrare dentro la cellula e proteggerla dall’interno e prolungandone la vitalità. Vitamina C ed E sono quindi complementari nel proteggere la cellula e prolungarne la vita. La proprietà antiossidante consiste nel mantenere sane le cellule proteggendole dallo stress ossidativo, dagli effetti dei radicali liberi prodotti durante la normale attività cellulare (metabolismo). Tutto ciò ha senso perché, neutralizzando i radicali liberi, si previene l’invecchiamento.
- Amidazione dell’estremità carbossiterminale di peptidi ormonali quali la vasopressina, l’ossitocina, la colecistochinina, l’adrenocorticotropo (ACTH) e l’ormone rilasciante la tireotropina
- Catabolismo della tirosina ad acido fumarico e acetacetico attraverso la formazione dell’acido omogentisinico;
- Biosintesi degli acidi biliari, infatti nelle cavie sottoposte ad una dieta carente di vitamina la sintesi risulta ridotta;
- Stimolazione della reduttasi del citocromo P450 responsabile dell’idrossilazione in posizione 7-a del colesterolo, necessaria per la sintesi dell’acido colico.
- Attivazione dell’acido folico in acido tetraidrofolico (FH4), forma biologicamente attiva;
- Regolazione dei livelli endogeni di istamina, inibendone il rilascio e favorendone la degradazione (la vitamina C si utilizza a scopo terapeutico per prevenire lo shock anafilattico, la pre-eclampsia e la prematurità nelle complicanze della gravidanza);
- biosintesi degli ormoni steroidei prodotti dalla corteccia surrenale (per idrossilazione); infatti, quando aumenta il bisogno ormonale nella corteccia si verifica una deplezione sia di colesterolo che di vitamina C;
- è importante per i processi di detossificazione a livello epatico che rendono possibile l’eliminazione di composti tossici, grazie all’azione del citocromo P450.
- In aggiunta la vitamina C stimola la sintesi dell’ossido nitrico endoteliale, NO è un agente vasodilatatore; questa attività contribuisce ulteriormente all’azione protettiva sul sistema vascolare.
- A livello del sistema digerente, l’ascorbato impedisce la formazione di composti mutageni, quali nitrosammine. Un ridotto rischio di cancro gastrico è stato associato a questa sua azione protettiva. Azione preventiva nella cancerogenesi da nitrosamine, inibendo la loro sintesi, che avviene a livello intestinale, per reazione dei nitriti con i gruppi aminici;
- Aiuta a detossinare il nostro organismo da inquinanti e metalli pesanti.
- Riduzione dell’efficienza dell’assorbimento intestinale del rame, poiché la forma ossidata è più assorbita di quella ridotta (a dosi elevate di vitamina);
- Ridurre la tossicità di alcuni minerali (Ni, Pb, V, Cd, Se), che in forma ridotta vengono assorbiti più difficilmente o escreti più velocemente;
- Favorire l’uso del selenio a dosi fisiologiche, aumentandone la biodisponibilità di alcune sue forme organiche e inorganiche.
Tra i benefici più noti c’è l’azione sul sistema immunitario. La vitamina C rafforza e supporta le difese immunitarie; ha attività immunostimolante, in altre parole stimola la risposta immunitaria. Sappiamo che svolge un ruolo importante nel sistema immunitario, a diversi livelli, a partire dalla barriera epiteliale fino ai linfociti. La vitamina C è una molecola essenziale all’omeostasi dei leucociti, pertanto, una sua carenza inciderebbe significativamente sulle difese immunitarie, che risulterebbero meno stimolate e meno attive. In grado di
- stimolarela produzione di interferone, che protegge le cellule dagli attacchi virali,
- potenziare l’attività fagocitaria.
- stimolarela proliferazione e funzionalità dei neutrofili
La vitamina sa facilitare il movimento dei neutrofili, che si spostano dal sangue ai tessuti quando si verifica un’infezione. Si accumula nei neutrofili, il tipo più abbondante di globuli bianchi, che protegge l’organismo da infezioni di batteri e funghi. In risposta ai microrganismi invasori, i neutrofili rilasciano tossine non specifiche che servono per uccidere i patogeni, ma possono danneggiare i leucociti stessi. La vitamina C, attraverso le sue funzioni antiossidanti, potrebbe quindi proteggere i globuli bianchi da questo genere di danni. Neutralizza i radicali liberi e le altre specie reattive dell’ossigeno (ROS) prodotte dal normale metabolismo energetico, ma soprattutto dalle cellule del sistema immunitario mentre combattono i microrganismi patogeni. In questo modo, la vitamina C evita i danni tipicamente prodotti da queste molecole nocive.
La vitamina C svolge un ruolo importante nella difesa da infezioni. Durante un’infezione i neutrofili assorbono e concentrano al loro interno grandi quantità di vitamina C, raggiungendo livelli da 30 a 100 volte quelli presenti nel plasma. I neutrofili, grazie alla vitamina C accumulata, possono resistere alla tempesta di radicali liberi ed ossidanti che producono e rilasciano contro gli invasori presenti, uccidendoli. Anche in questo caso la vitamina C funziona proprio come un antiossidante, proteggendo dal danno ossidativo i neutrofili nel mezzo della loro battaglia con i microbi.
- stimolarela sintesi del fattore timico umorale e degli anticorpi delle classi IgG IgM
- promozione della replicazione linfocitaria.
- Da non dimenticare infine che la vitamina C, intervenendo nella biosintesi del collagene,proteina strutturale di pelle e cartilagini, contribuisce al mantenimento dell’integrità della pelle stessa, prima linea di difesa del nostro organismo, e favorisce la guarigione delle ferite.
Nello studio, qui tradotto e link , “Vitamin C and Immune Function” di
Anitra C Carr 1, Silvia Maggini 2 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29099763/
viene scritto “ La vitamina C contribuisce alla difesa immunitaria supportando varie funzioni cellulari sia del sistema immunitario innato che adattativo. La vitamina C supporta la funzione di barriera epiteliale contro i patogeni e promuove l’attività di eliminazione degli ossidanti della pelle, proteggendo così potenzialmente dallo stress ossidativo ambientale. La vitamina C si accumula nelle cellule fagocitiche, come i neutrofili, e può migliorare la chemiotassi, la fagocitosi, la generazione di specie reattive dell’ossigeno e infine l’uccisione microbica. È anche necessario per l’apoptosi e l’eliminazione dei neutrofili esauriti dai siti di infezione da parte dei macrofagi, riducendo così la necrosi/NETosi e il potenziale danno tissutale. Il ruolo della vitamina C nei linfociti è meno chiaro, ma è stato dimostrato che migliora la differenziazione e la proliferazione delle cellule B e T, probabilmente a causa dei suoi effetti di regolazione genica. La carenza di vitamina C provoca un’immunità ridotta e una maggiore suscettibilità alle infezioni. A loro volta, le infezioni hanno un impatto significativo sui livelli di vitamina C a causa dell’aumentata infiammazione e del fabbisogno metabolico. Inoltre, l’integrazione con vitamina C sembra essere in grado sia di prevenire che di curare le infezioni respiratorie e sistemiche. La prevenzione profilattica dell’infezione richiede l’assunzione dietetica di vitamina C che fornisca livelli plasmatici almeno adeguati, se non saturanti (cioè 100-200 mg/die), che ottimizzino i livelli cellulari e tissutali. Al contrario, il trattamento delle infezioni stabilite richiede dosi significativamente più elevate (grammi) della vitamina per compensare l’aumento della risposta infiammatoria e della domanda metabolica.”
Tale proprietà viene sfruttata nel prevenire i malanni stagionali come raffreddore ed influenza, causati principalmente dai virus. Non solo prevenzione; ha potere anche nella riduzione e durata dei sintomi. L’utilità della vitamina C contro le più tipiche malattie da raffreddamento è nota da decenni e studi più recenti lo confermano. L’idea inizia a diffondersi nel 1970 quando Linus Pauling, due volte premio Nobel, pubblica il libro Vitamin C and the Common Cold. Lo scienziato sostiene che grandi quantità di vitamina C possano ridurre la durata e la severità del raffreddore. Il suo suggerimento è di consumarne 3 grammi al giorno, che negli anni successivi diventeranno 18. Gli americani accolgono il suo invito. Si narra che lui e la moglie ogni giorno assumessero dai 10 ai 40 grammi di vitamina, una dose astronomica rispetto ai mg consigliati. a pochi mesi dalla pubblicazione del libro la vendita di vitamina C aumenta di 10 volte. Intanto la molecola diventa l’ossessione scientifica di Pauling, che continua i suoi studi e nel 1976 pubblica una versione aggiornata del suo saggio, in cui include possibili effetti della vitamina anche nella cura dell’influenza.
Da Pauling in poi partono molti studi in merito. Una revisione delle principali ricerche sull’argomento effettuata dal gruppo Cochrane nel 2007 ha indicato che l’assunzione di quantità variabili da 200 a 1.000 mg di vitamina C al giorno può dimezzare l’incidenza del raffreddore in sportivi, come maratoneti e sciatori, che praticano attività fisica intensa in condizioni climatiche estreme (temperatura molto bassa, umidità ecc.).
Un aggiornamento al 2010 della stessa revisione Cochrane ha, inoltre, segnalato che 29 studi di comparazione condotti nella popolazione generale per valutare gli effetti protettivi di un apporto di almeno 200 mg/die di vitamina C hanno evidenziato la capacità di questa integrazione di ridurre la durata del raffreddore dell’8% negli adulti e del 13% nei bambini, con effetti positivi anche sul fronte dei sintomi (risultati mediamente meno severi).
Dopo anni di ricerca la comunità scientifica ha concluso un’utilità clinica sulla base di scoperte significative, quali:
- da alcuni trials è emerso che le somministrazioni farmacologiche di vitamina C possono combattere i sintomi del raffreddore (L. Pauling 1970) ed anche prevenirne l’insorgenza (H. Hemilia 1994-1995-1997).
- prove dimostrano che il raffreddore può durare meno giorni e che i disturbi (sintomi) possono essere meno gravi nelle persone che consumano regolarmente adeguati livelli di vitamina C. Questi studi hanno evidenziato che un consumo maggiore o uguale a 0,2 grammi al giorno di vitamina C riduce la durata del raffreddore comune dell’8% negli adulti e del 14% nei bambini, Gli autori considerano una durata media di 10 giorni, che diventano quindi a 9 negli adulti e a 8 e mezzo nei bambini. Mentre un consumo pari a 1-2 grammi del 18% nei bambini.
- Attraverso la somministrazione di 1-4g/die (circa il 200-800% della razione raccomandata), dovrebbe essere possibile ridurre i sintomi del raffreddore comune del 23%, e prevenirne l’insorgenza nel 30% dei casi (soprattutto in soggetti caratterizzati da un forte stress ossidativo).
Va però ribadito che ad alte dosi di vitamina C, come quelle che vengono utilizzate negli studi clinici o talvolta anche a scopo farmacologico, si sono riscontrati disturbi a livello gastrointestinale o formazione di calcoli renali (si legga poi paragrafo su tossicità). Ciò non toglie valore all’ascorbato. L’utilizzo di vitamina C contro il raffreddore è accertato, va, ovviamente, trovato il compromesso tra effetto benefico e dose massima consigliata. Microfarma sconsiglia vivamente l’abuso integrativo o farmacologico, per questo che allega nel prodotto microimmuno sempre la tabella con quantità per 10ml.
Si consiglia approfondimento, al link di seguito https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24352093/
“Myths, artifacts, and fatal flaws: identifying limitations and opportunities in vitamin C research” Alexander J Michels 1, Balz Frei
Secondo una review “Vitamin C and common cold incidence: a review of studies with subjects under heavy physical stress” di H Hemilä https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/8858411/
che si è concentrata su categorie particolari, cioè atleti che sono sottoposti a un importante lavoro fisico, ad esempio maratoneti, militari e sciatori, l’assunzione di 0,6/1 g di vitamina C al giorno avrebbe dimezzato il rischio di ammalarsi.
Si riconosce altresì la capacità di accorciare dal punto di vista temporale l’episodio influenzale.
Sembra inoltre che abbia attività antivirale.
Ha proprietà antinfiammatorie in quanto degrada l’istamina.
Il tutto viene tratta nel seguente lavoro https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33193359/
The Long History of Vitamin C: From Prevention of the Common Cold to Potential Aid in the Treatment of COVID-19 di Giuseppe Cerullo 1, Massimo Negro 2, Mauro Parimbelli 2, Michela Pecoraro 3, Simone Perna 4, Giorgio Liguori 1, Mariangela Rondanelli 5 6, Hellas Cena 6 7, Giuseppe D’Antona 2 6 .
Si legge chiaramente : Furthermore, in categories at high risk of infection (i.e., the obese, diabetics, the elderly, etc.), a vitamin C supplementation can modulate inflammation, with potential positive effects on immune response to infections. The impact of an extra oral intake of vitamin C on the duration of a cold and the prevention or treatment of pneumonia is still questioned, while, based on critical illness studies, vitamin C infusion has recently been hypothesized as a treatment for COVID-19 hospitalized patients. In this review, we focused on the effects of vitamin C on immune function, summarizing the most relevant studies from the prevention and treatment of common respiratory diseases to the use of vitamin C in critical illness conditions, with the aim of clarifying its potential application during an acute SARS-CoV2 infection.
“Inoltre, nelle categorie ad alto rischio di infezione (ovvero obesi, diabetici, anziani, ecc.), un’integrazione di vitamina C può modulare l’infiammazione, con potenziali effetti positivi sulla risposta immunitaria alle infezioni.”
COVID-19_
La pandemia ha rappresentato un momento di crisi che non ha precedenti nella Storia recente del Sistema Sanitario Nazionale. In questo contesto di grande incertezza e ricerca, ci si è anche chiesto quale potesse essere la reale efficacia dell’ascorbato.
La tesi secondo cui la vitamina C troverebbe riscontro nella cura o prevenzione di COVID-19 potrebbe essere legata ad uno studio del 2016 sulla polmonite virale da H1N1 (“influenza suina”), effettuato su cavie animali che avrebbero dimostrato una migliore risposta immunitaria dopo la somministrazione di acido ascorbico. Va tuttavia sottolineato che le dosi somministrate furono molto superiori alle soglie giornaliere raccomandate, esponendo di fatto al rischio di sviluppare effetti collaterali da sovradosaggio di vitamina C, come disturbi gastrointestinali.
I dati presenti allora non erano comunque tali da costituire una prova scientifica. C’erano i presupposti teorici per approfondire. Sono state condotte diverse sperimentazioni legate alla somministrazione endovenosa di della vitamina C ad alte dosi nei pazienti ricoverati per COVID-19, nel tentativo di migliorare la funzionalità respiratoria e di ridurre la durata della ventilazione meccanica nei pazienti gravi.
https://www.covid19treatmentguidelines.nih.gov/therapies/supplements/vitamin-c/
“La vitamina C (acido ascorbico) è una vitamina idrosolubile che si ritiene abbia effetti benefici nei pazienti con malattie gravi e critiche. È un antiossidante e scavenger di radicali liberi che possiede proprietà antinfiammatorie, influenza l’immunità cellulare e l’integrità vascolare e funge da cofattore nella generazione di catecolamine endogene. Poiché gli esseri umani possono richiedere quantità maggiori di vitamina C negli stati di stress ossidativo, la supplementazione di vitamina C è stata valutata in numerosi stati patologici, comprese infezioni gravi e sepsi. Poiché l’infezione da SARS-CoV-2 può causare sepsi e sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), è allo studio il ruolo potenziale di alte dosi di vitamina C nel miglioramento dell’infiammazione e del danno vascolare nei pazienti con COVID-19.”
Allo stato attuale non si può affermare che l’assunzione di vitamina C previene l’infezione da SARS-CoV-2. Tuttavia va ricordato che studi in passato hanno evidenziato una certa utilità rispetto ad altre infezioni virali (ad esempio da rinovirus, nel caso del raffreddore). Ad oggi l’utilizzo di vitamina C ad alte dosi per le polmoniti virali non poggia quindi su una letteratura sufficientemente solida.
Le conclusioni possono essere riassunte ad un’interessante metanalisi pubblicata a fine 2021
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8552785/
Vitamin C and COVID-19 treatment: A systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials – Dimple Rawat, Avishek Roy, Souvik Maitra, Arti Gulati, Puneet Khanna, and Dalim Kumar Baidyab- ovvero uno studio basato sull’insieme della letteratura disponibile e che rappresenta quindi lo stato dell’arte delle conoscenze su un certo argomento alla data di pubblicazione. Come sempre, però, si consiglia di proseguire la ricerca.
La sua assunzione è associata ad una minore incidenza di tumori nel tratto gastrointestinale, infatti, riduce i livelli di nitrosammine, sostanze notoriamente cancerogene.
Per quanto riguarda altre forme tumorali siamo in una fase di work in progress.
Negli anni 70 del secolo scorso Pauling e l’oncologo Cameron suggerirono l’uso di megadosi di vitamina C per il trattamento di forme tumorali. I due asserivano di aver sperimentato ampiamente un loro protocollo, con somministrazioni per via endovenosa di dosi di 10 g/die, con notevole successo. Diversi lavori hanno tentato di replicare quanto indicato dai due autori, senza apprezzabili risultati. Va sottolineato che in questi studi la vitamina veniva somministrata per via orale e come sappiamo in questo caso l’assorbimento è parziale e i livelli plasmatici non mostrano aumenti rilevanti sopra la norma, al contrario di quanto avviene con la somministrazione endovenosa con la quale si raggiungono concentrazioni plasmatiche da 30 a 70 volte superiori a quelle normali. Al momento sono in corso diversi studi clinici che prevedono l’utilizzo di dosi elevate per via endovenoso nel trattamento di alcuni tipi di tumore, con l’obiettivo di stabilire i livelli sicuri di utilizzo della vitamina, i possibili effetti protettivi verso gli effetti collaterali dei trattamenti chemioterapici e l’efficacia nel trattamento del tumore stesso, ma i risultati dei lavori non sono ancora disponibili.
Alcuni studi hanno indicato una correlazione inversa tra consumo di vitamina C e danni derivati dalle complicazioni del diabete, in particolar modo dalle complicazioni a carico del sistema cardiovascolare, dipendenti da danni di natura ossidativa nei confronti dei quali la vitamina può esercitare una azione protettiva.
Diversi studi, sia su modello animale che su umani, hanno indagato il potenziale della vitamina C nella prevenzione di patologie dell’apparato cardiocircolatorio. Studi prospettici di popolazione hanno evidenziato una possibile riduzione del rischio cardiovascolare per elevata assunzione di vitamina C. I risultati appaiono netti soprattutto quando si valuti il livello plasmatico dell’ascorbato e correlano in maniera significativa a un elevato consumo di frutta e verdura, alimenti con rilevante contenuto della vitamina. I dati attualmente a disposizione indicano un effetto protettivo significativo per un apporto giornaliero di circa 400 mg. Un possibile meccanismo d’azione della vitamina potrebbe essere dovuto alla riduzione dei processi ossidativi delle LDL causati da radicali liberi, uno degli eventi che porta alla formazione della placca aterosclerotica.
Alcuni studi di popolazione hanno evidenziato un possibile effetto protettivo, per elevati livelli plasmatici di vitamina C, nei confronti di ictus e altri eventi cerebrovascolari.
Diversi lavori hanno mostrato che una elevata assunzione di vitamina C porta ad una riduzione della pressione sanguigna, grazie ad un probabile effetto protettivo nei confronti delle cellule che costituiscono la parete dei vasi e che partecipano agli scambi tra vasi e tessuti circostanti.
Può contribuire all’abbassamento del colesterolo.
L’assunzione di integratori orali di vitamina C, in combinazione con altre vitamine e minerali, sembra prevenire il peggioramento della degenerazione maculare legata all’età (AMD).
A livello del sistema nervoso centrale la vitamina C viene concentrata grazie all’azione di trasportatori specifici che permettono alla forma ossidata di attraversare la barriera emato-encefalica. La concentrazione di vitamina C è molto elevata in specifiche aree del cervello e diversi studi ne hanno evidenziato una interazione con enzimi coinvolti in processi cognitivi, la cui azione potrebbe essere ridotta in condizioni di carenza. La vitamina C protegge le cellule del sistema nervoso da fenomeni di eccitotossicità, dovuta a eccessiva stimolazione delle cellule. Alcuni studi su animali hanno mostrato un possibile effetto anti-depressivo e un leggero miglioramento dei marker del danno ossidativo cerebrale dovuto all’Alzheimer.
Alcuni studi suggeriscono che le persone con livelli più alti di vitamina C nella loro dieta abbiano un minor rischio di sviluppare cataratta: le lenti dell’occhio sono protette dai danni causati dalla luce da vari anti-ossidanti, tra i quali l’acido ascorbico ha un ruolo molto importante, come testimoniato dall’elevata concentrazione che si ritrova in questi tessuti.
Fonti alimentari-
La vitamina C si trova in un’ampia varietà di frutta e verdura. Tra tutti ricordiamo: arance ed agrumi, kiwi, peperoni rossi e verdi, fragole, pomodori, ribes nero, broccoli e cavoli, cavoletti di bruxelles, spinaci, rucola, pompelmo, cavolfiore. Per questo che l’OMS raccomanda di mangiare 5 porzioni di frutta e verdura al giorno. Per ragioni già dette, l’alimento andrebbe assunto “ fresco e non cotto”.
Fabbisogno e valutazione dello stato nutrizionale-
Lo stato nutrizionale in vitamina C può essere valutato tramite la sua concentrazione plasmatica. I valori di 34-35 µmol/l sono l’ambito della norma; una concentrazione inferiore a 11 µmol/l è indice di carenza. La concentrazione ottimale si ottiene mediante assunzione di 60mg/dì nell’adulto.
Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU). Vitamine – Assunzione raccomanadata per la popolazione (PRI) e assunzione adeguata (AI) si legga prima colonna. In Italia, la Società Italiana di nutrizione umana raccomanda le seguenti quantità giornaliere:
- 1-3 anni: 35 milligrammi (mg)
- 4-6 anni: 45 mg
- 7-10 anni: 60 mg
- 11-14 anni: maschi 90 mg; / femmine 80 mg
- l’assunzione di 105 mg/giorno per gli uomini e
- 85 mg/giorno per le donne.
- Queste quantità aumentano durante la gravidanza (100 mg/giorno) e
- l’allattamento (130 mg/giorno), per garantire una concentrazione di 40 mg/litro nel latte materno.
Si nota che la dose aumenta con l’età ed in corso di gravidanza ed allattamento, inoltre varia in base al sesso.
Diverse agenzie nazionali hanno stabilito raccomandazioni diverse sull’assunzione di vitamina C per gli adulti:
- 40 mg / die: India National Institute of Nutrition, Hyderabad;
- 45 mg / die o 300 mg / settimana: World Health Organization;
- 80 mg / die: European Commission Council on nutrition labeling;
- 90 mg / die (maschi) e 75 mg / die (femmine): Health Canada 2007;
- 90 mg / die (maschi) e 75 mg / die (femmine): United States National Academy of Sciences;
- 100 mg / die: Japan National Institute of Health and Nutrition;
L’EFSA (European Food Safety Authority) ha formulato raccomandazioni più elevate per gli adulti e anche per i bambini:
- 20 mg / die da 1 a 3 anni;
- 30 mg / die per da 4 a 6 anni;
- 45 mg / die da 7 a 10 anni;
- 70 mg / die da 11 a 14 anni;
- 100 mg / die per i maschi di 15-17 anni;
- 90 mg / die per le femmine di 15-17 anni;
- per la gravidanza 100 mg / die;
- per l’allattamento155 mg / die.
L’India, per esempio, ha fissato raccomandazioni molto più basse:
- 40 mg / die per da 1 anno in poi;
- 60 mg / die per la gravidanza;
- 80 mg / die per l’allattamento.
Chiaramente, non c’è consenso tra i paesi; le dosi consigliate di vitamina C variano.
Possono verificarsi lievi carenze nei neonati a cui viene somministrato latte vaccino non integrato. Si legga articolo a riguardo https://microfarma.net/integrazione-del-prematuro/ . La vitamina C è presente nel latte materno umano a 5,0 mg / 100 g ; il latte di mucca ne contiene solo 1,0 mg / 100 g.
I fumatori di sigarette e le persone esposte al fumo passivo hanno livelli plasmatici di vitamina C più bassi rispetto ai non fumatori. in questi soggetti la vitamina C viene rapidamente consumata per far fronte al forte stress ossidativo causato dal fumo;Si pensa che l’inalazione di fumo possa provocare danni ossidativi, esaurendo questa vitamina. L’Institute of Medicine statunitense ha stimato che i fumatori hanno bisogno di un’assunzione addizionale valutata sui 35 mg/dì in più di vitamina C rispetto ai non fumatori. Una meta-analisi ha mostrato una relazione inversa tra l’assunzione di vitamina C e il cancro ai polmoni, sebbene abbia concluso che sono necessarie ulteriori ricerche per confermare questa considerazione.
Dopo intervento chirurgico, per promuovere la cicatrizzazione di ferite, aumenta il bisogno di ascorbato.
Ovvio che ogni qual volta si è in presenza di un aumentato fabbisogno o di una carenza, il medico può ritenere opportuno l’utilizzo di integratori di vitamina C.
Carenza-
L’ipovitaminosi può dipendere da vari fattori:
- Da una scarsa assunzione con dieta e/o integratori
- Da una condizione di maggior fabbisogno; fumatori, gravidanza, allattamento.
- Da alterazione della funzionalità intestinale; malassorbimento.
Il corpo umano non immagazzina quantità di ascorbato, perciò, senza nuovi rifornimenti, le riserve si esauriscono. La mancata assunzione e/o integrazione di vitamina C, spesso causata dal mancato accesso a frutta ed ortaggi freschi (il calore e l’ossigeno promuovono l’ossidazione dell’ascorbato) porta ad ipovitaminosi che nei casi più gravi sfocia nello scorbuto. Quindi lo scorbuto è la malattia derivante da una carenza grave.
I sintomi consistono in affaticamento, stanchezza ed irritabilità, predisposizione a raffreddore, debolezza muscolare, inappetenza ed anemia, edema, sanguinamento delle gengive, emorragie sottocutanee, intramuscolari e cerebrali, ritardo nella cicatrizzazione delle ferite, addirittura caduta dei denti. Si deduce che buona parte dei sintomi sono ricollegabili a degenerazione del tessuto connettivo, in particolare del collagene. Inoltre nel bambino il processo di ossificazione risulta alterato e compromesso. Questa patologia, se non trattata, alla fine risulta fatale.
In passato è storicamente appurato che la carenza vitaminica era ampiamente diffusa in Europa, soprattutto nel periodo invernale. Si sa che lo scorbuto causò la perdita quasi totale di equipaggi impegnati in lunghi viaggi di navigazione. Quindi, nei secoli scorsi era molto diffusa tra i marinai che vivevano sulle navi e non si cibavano di cibi freschi per mesi e mesi.
(PARENTESI STORICA)
Un tempo è stata una piaga temutissima soprattutto tra chi doveva compiere lunghi viaggi per mare. Tra il 1500 e il 1700 non era inusuale che la ciurma dei velieri impegnati nei grandi viaggi di esplorazione — intenti a tracciare le prime rotte commerciali tra continenti — venisse decimata da questo terribile male che inizialmente si presenta con malessere diffuso e letargia, seguiti da dolori muscolari, petecchie, sanguinamento delle gengive e quindi ittero, edema, neuropatia, convulsioni e infine morte.
Fu necessario il lavoro dello scozzese James Lind, medico della marina di Sua Maestà, che a bordo della HMS Salisbury diede vita al primo studio clinico della storia. Lind testò su dodici membri dell’equipaggio, malati di scorbuto, alcuni dei rimedi suggeriti per la malattia: aceto e sidro, acqua di mare, solfato, un preparato a base di aglio e infine arance e limoni. Furono i fortunati a ricevere questi ultimi a rimettersi così rapidamente da poter accudire anche gli altri malati. Nel 1753 Lind pubblicò il suo Trattato sullo Scorbuto indicando l’effetto terapeutico degli agrumi: tuttavia non riuscì a capire l’origine da carenza della malattia, attribuendola invece ad un contagio dovuto all’aria umida del mare. Il Capitano James Cook, grande navigatore e cartografo, prese a cuore le indicazioni di Lind e nel suo viaggio intorno al mondo, che lo portò a toccare per primo l’Australia, perse un solo uomo a causa dello scorbuto. Da allora e per tutto l’800 la marina inglese si curò sempre di rifornire di limoni, arance o delle più economiche limette, i suoi equipaggi: una scelta che si rivelò saggia, visto il ferreo potere esercitato sugli oceani durante tutto il secolo.
Il primo a proporre che lo scorbuto fosse una malattia dovuta a carenza fu il medico londinese George Budd, nel 1840, che sottolineò come la malattia fosse imputabile “alla mancanza di un alimento ancora non noto ma che chimici e fisiologi avrebbero identificato nel prossimo futuro”.
Il prossimo futuro era appena una novantina d’anni dopo, nel 1928, quando il gruppo guidato dal biochimico Albert Szent-Györgyi isolò dei cristalli biancastri di una sostanza che all’inizio battezzò ignosio e quindi, in un articolo su Nature nel 1933, acido ascorbico, per la sua capacità di prevenire lo scorbuto.
Pochi mesi dopo l’acido ascorbico divenne la prima vitamina a essere prodotta per sintesi, grazie al lavoro indipendente di Reichstein e Haworth.
Tuttavia il rischio di carenza è presente ed è un problema anche ai nostri giorni, si può prevenire consumando le giuste quantità di frutta e verdura fresche. Dal momento che la cottura può comportare la perdita di buona parte della vitamina C presente negli alimenti, va ribadita l’opportunità di giusta integrazione.
In passato furono condotti numerosi studi sullo scorbuto, indotto sperimentalmente. Una parte di questi avvenne su obiettori di coscienza, durante la seconda guerra mondiale in Gran Bretagna, un’altra su prigionieri dello stato dello Iowa (USA), tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’80. I secondi svilupparono i primi segni di scorbuto circa quattro settimane dopo l’inizio della dieta priva di vitamina C, mentre nel precedente studio britannico erano necessari da sei a otto mesi, probabilmente grazie al precarico con 70 mg / die per sei settimane prima che fosse somministrata la dieta pro-scorbutica. Entrambi riportarono che tutti i sintomi evidenti possono essere invertiti con l’integrazione di soli 10 mg / die.
Tossicità-
Nel 2000, l’Institute of Medicine de U.S. National Academy of Sciences ha fissato un Tolerable upper intake level (UL) per gli adulti di 2000 mg / die. Tale quantità è stata scelta perché studi sull’uomo avevano riportato diarrea e altri disturbi gastrointestinali a dosi > 3000 mg / die. Questo è il livello degli effetti avversi più basso osservato (LOAEL), il che significa che altri effetti avversi sono stati osservati a dosi più elevate.
La European Food Safety Authority (EFSA) ha riesaminato la questione nel 2006 e ha concluso che non ci sono prove sufficienti per stabilire una UL per la vitamina C. Il Japan National Institute of Health and Nutrition ha esaminato lo stesso problema nel 2010 e ha tratto la stessa conclusione.
Un’assunzione eccessiva di vitamina C può essere causata da una dieta sbilanciata o da un abuso di integratori. Alte dosi di vitamina (fino a 1-2 g/dì) sono ben tollerate da individui sani. Tuttavia possono essere aggravate situazioni in cui si ha già un elevato assorbimento di ferro, quale emocromatosi, o un suo accumulo per trasfusione. Quindi nei casi estremi comporta overdose di ferro dal momento che la vitamina già ne favorisce l’assorbimento. Inoltre può generare problemi ai reni, con formazione di calcoli in pazienti nefropatici. Il rischio che l’eccesso di vitamina C possa favorire i calcoli renali è controverso. I rapporti sulla formazione di litiasi renale associata a un’eccessiva assunzione di acido ascorbico sono infatti limitati ai soli soggetti con malattia renale preesistente. I dati provenienti da studi epidemiologici non supportano un’associazione tra l’assunzione eccessiva di acido ascorbico e la formazione di calcoli renali in individui apparentemente sani, sebbene un ampio studio pluriennale abbia riportato un aumento quasi due volte superiore rispetto alla norma.
Altresì in alcuni casi può portare a sintomi come mal di testa, debolezza e vertigini, bruciori di stomaco, vomito, nausea, diarrea, gastrite e crampi addominali, vampate improvvise di calore. Quindi, grandi quantità non sono considerate letali (come invece avviene per un grave deficit) ma possono comunque avere degli effetti collaterali. Va da sé che i disturbi scompariranno ripristinando un corretto regime.
Si ricorda che è bene acquistare prodotti titolati e standardizzati in principi attivi; solo in questo modo, infatti, è possibile conoscere realmente quali e quante sostanze attive si stanno assumendo.
Interazioni con farmaci-
La supplementazione potrebbe causare interazioni con:
- Alluminio; aumentandone l’assorbimento
- Chemioterapia; Alcuni studi hanno mostrato che dosi elevate di vitamina C possono ridurre l’efficacia dei trattamenti chemioterapici, mentre altri lavori suggeriscono un possibile effetto protettivo per i tessuti sani nei soggetti sottoposti a radioterapia. I dati, al momento, sono inconcludenti e prima di assumere integratori il paziente oncologico dovrebbe consultarsi con il proprio medico.
- Contraccettivi orali o terapia ormonale sostitutiva; aumentando i livelli di estrogeni
- Inibitori delle proteasi; riducendo effetto di questi farmaci antivirali
- Statine e niacina; riducendo l’effetto della vit B3, somministrata a persone con colesterolo alto
- Warfarin; riducendo la risposta dell’organismo al farmaco anticoagulante.
Referenze:
–https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/v/vitamina-c
-Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU). Vitamine – Assunzione raccomanadata per la popolazione (PRI) e assunzione adeguata (AI)
-Livelli di Assunzione Raccomandata di Nutrienti per la popolazione italiana (LARN) – Società Italiana Nutrizione Umana (SINU)
-Biochimica medica, Siliprandi e Tetttamanti , 4 edizione piccin
-NHS. Vitamin C. Vitamins and minerals
-N.W. Flodin – Pharmacology of Micronutrients – (1988) Wiley, New York
-Mayo Clinic. Vitamin C
-Combs G.F. The vitamins Fundamental aspects in Nutrition and Health Elsevier Academic Press 2008
-Mariani Costantini A., Cannella C., Tomassi G. Alimentazione e nutrizione umana Il pensiero Scientifico Editore 2006
-LK . Massey, M . Liebman, SA. Kynast-Gales (luglio 2005) – Ascorbate increases human oxaluria and kidney stone risk – J Nutr 123 (7): 1673. PMID 15987848
– Prevenire e curare il raffreddore con rimedi naturali – R. Sahelian, V. Dolby Toews – nuove – cap.3 – pag 21:32.
-Vitamin C and Immune Function Anitra C Carr 1, Silvia Maggini 2
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-L. Pauling – Vitamin C and Common Cold – 1970
-The Long History of Vitamin C: From Prevention of the Common Cold to Potential Aid in the Treatment of COVID-19 Giuseppe Cerullo 1, Massimo Negro 2, Mauro Parimbelli 2, Michela Pecoraro 3, Simone Perna 4, Giorgio Liguori 1, Mariangela Rondanelli 5 6, Hellas Cena 6 7, Giuseppe D’Antona 2 6
-Myths, artifacts, and fatal flaws: identifying limitations and opportunities in vitamin C research Alexander J Michels 1, Balz Frei
– Vitamin C and common cold incidence: a review of studies with subjects under heavy physical stress H Hemilä 1