Microimmuno

Microimmuno è un integratore fitoterapico. Dal sito del Ministero della Salute: “Le proprietà terapeutiche di molte piante, funghi o licheni sono tradizionalmente note agli uomini che frequentemente le hanno utilizzate come “erbe curative”. Tuttavia, le tecniche della moderna medicina hanno permesso di individuare i medicinali fitoterapici veri e propri, distinti dai prodotti di erboristeria e dalle erbe semplici. I medicinali fitoterapici sono tutti quei medicinali il cui principio attivo è una sostanza vegetale. Questi medicinali sono stati ufficialmente approvati dall’AIFA, che ne ha verificato la loro qualità, efficacia e sicurezza, e sono venduti esclusivamente nelle farmacie, alcuni dietro presentazione di ricetta medica ed altri come medicinali senza obbligo di prescrizione o medicinali da banco.”   

Nel suddetto integratore queste sostanze naturali sono volte a rafforzare il sistema immunitario, pertanto fungono da immunostimolanti. Gli immunostimolanti sono quelle sostanze che, come lascia intendere il nome stesso, vanno a stimolare il sistema immunitario. Il che è molto vantaggioso nel bambino che ancora dispone di un sistema immunitario non del tutto maturo. Agire su questo fronte modulando la risposta immunitaria, rafforzandola  già dai mesi estivi è davvero consigliato cosicchè con l’arrivo del freddo, di conseguenza con il ricircolo di virus e batteri, il bimbo si trova preparato. Inoltre, con il ritorno agli asili e alle scuole il soggetto si trova più esposto a contaminazione di agenti microbici che possono portare alla malattia. Molto frequentemente nell’infanzia vi sono le infezioni del tratto respiratorio in particolare raffreddori, influenza, tonsilliti, in generale infezioni delle vie respiratorie acute “acute respiratory tract infections”(ARTI).

Proprio con questo intento è stato studiato e formulato il prodotto Microimmuno, che grazie ai suoi ingredienti si è dimostrato un ottimo integratore fitoterapico.

Prodotto senza glutine.

In quanto prodotto di Microfarma è accertato GMP (good manufacturing practices)

Dalla combinazione di questi ingredienti si è ottenuto un ottimo prodotto.

Il fitoterapico cardine del prodotto è il sambuco. La letteratura a proposito ha riportato in età pediatrica evidenze migliori rispetto ad altro fitoterapico quale Echinacea.

SAMBUCO

Il sambuco (nome scientifico sambucus nigra) è una pianta della famiglia delle caprifoliaceae. I costituenti chimici attivi sono: flavonoidi, sambucina,rutina, isoquercitina, astragalina, campferolo, olio essenziale, acidi grassi, tannino (nella corteccia), emulsina, invertina, benaldeide (nelle foglie), colina, mucillagine, malato, acido valerianico, acido tartarico (nei fiori), antocianine, acido citrico, acetato, saponine, triterpeni, mucillagini, polifenoli, glucosidi, resine, alcaloidi. Tutte queste parti contribuiscono all’uso fitoterapico della pianta sia come antiinfiammatorio sia come diaforetico e sia come diuretico.

Del sambuco sono state indagate le potenziali proprietà antinfiammatorie già attribuitegli dalla medicina popolare fin dall’antichità. Da alcune ricerche condotte in vitro è emerso che gli estratti di fiori e foglie di sambuco sono in grado di inibire la secrezione di citochine e di ridurre l’attività delle interleuchine e del fattore di necrosi tumorale, tutte sostanze coinvolte nei processi flogistici e nella risposta immunitaria. Da uno studio i ricercatori della Justus Liebig University di Giessen in Germania, hanno notato come alcuni microrganismi patogeni possono essere efficacemente combattuti proprio con il sambuco. Si può considerare dunque una sorta di antibiotico naturale in grado di bloccare la crescita dei batteri fino al 70%. In particolare la sua azione si è evidenziata nei confronti dello Streptococcus pyogenes e della Catarrhalis Branhamella, responsabili di diverse infezioni alle vie respiratorie.

Il sambuco è dotato di proprietà diaforetiche, ossia è una pianta che, una volta assunta, è in grado di aumentare la sudorazione corporea. È proprio per questo motivo che viene impiegato per il trattamento di raffreddore, febbre e affezioni delle vierespiratorie (come tosse e bronchiti, riniti e sinusiti, raffreddore). In particolare in caso di febbre con l’aumento della sudorazione favorisce eliminazione delle tossine e l’abbassamento della temperatura corporea. È considerato un buon antiinfluenzale naturale e meccanismo depurativo.

Infatti, combinando le due proprietà, diversi studi hanno dimostrato come i fiori e le foglie di sambuco siano efficaci nel diminuire l’intensità e la durata del raffreddore e nel ridurre la febbre attraverso l’aumento della sudorazione. Inoltre, studi hanno dimostrato che il sambuco svolge la sua attività benefica anche attraverso un aumento della secrezione bronchiale. Sfiamma le mucose, fluidifica ed espelle il muco in eccesso.

Il sambuco è  ricco di sostanze antiossidanti come i flavonoidi, che mantengono il corretto funzionamento del sistema immunitario e combattono lo stress ossidativo.  I flavonoidi contenuti nel Sambucus nigra sono vasodilatatori pertanto aiutano a sbloccare la congestione nasale e a stimolare la secrezione bronchiale, smuovendo il muco in eccesso. È emolliente ed espettorante.

 Il sambuco, inoltre, svolge un’azione antibatterica e antivirale insieme, utile a curare i sintomi da raffreddamento, ma anche di allergie e sinusite, oltre a sostenere le difese immunitarie. In particolare, recenti studi scientifici evidenziano che l’estratto delle bacche di sambuco è in grado di ridurre notevolmente la proliferazione batterica oltre che impedire l’aggressione delle cellule da parte di virus patogeni.

In conclusione il sambucus risulta essere una pianta ricca di benefici per il nostro organismo: un ottimo alleato per prevenire e rimedio per curare le affezioni delle vie aeree.

Per riassumere le sue proprietà sono:

  • Antinfiammatoria
  • Rafforza le difese immunitarie
  • antibatterico
  • Antiossidante
  • Diaforetica
  • Emolliente
  • Espettorante
  • Diuretica

Se ne sconsiglia l’uso in caso di allergia personale alla pianta.  

Da usare in linea con le dosi indicate.

VITAMINA C

L’utilità della vitamina C contro le più tipiche malattie da raffreddamento è nota da decenni e studi più recenti lo confermano.

Innanzitutto, grazie alla sua marcata azione antiossidante, la vitamina C (nota anche come acido ascorbico) neutralizza i radicali liberi e le altre specie reattive dell’ossigeno (ROS) prodotte dal normale metabolismo energetico, ma soprattutto dalle cellule del sistema immunitario mentre combattono i microrganismi patogeni. In questo modo, la vitamina C evita i danni tipicamente prodotti da queste molecole nocive. L’ azione antiossidante della vitamina c è ulteriormente amplificata dalla sua capacita di rigenerare vitamina E  dalla sua forma ossidata permettendo così di avvantaggiarsi anche degli effetti antiossidanti di questo secondo micronutriente essenziale.

In aggiunta, alcuni studi hanno dimostrato che la vitamina C stimola la funzionalità di alcune cellule del sistema immunitario, come neutrofili, macrofagi e linfociti.

Da non dimenticare infine che la vitamina C, intervenendo nella biosintesi del collagene, proteina strutturale di pelle e cartilagini, contribuisce all’integrità della pelle stessa, prima linea di difesa del nostro organismo, e favorisce la guarigione delle ferite.

Il primo a suggerire che la vitamina C potesse essere utilizzata per rafforzare le difese immunitarie e prevenire e/o trattare il comune raffreddore fu lo scienziato Linus Pauling, nel 1970. 

Una revisione delle principali ricerche sull’argomento effettuata dal gruppo Cochrane nel 2007 ha indicato che l’assunzione di quantità variabili da 200 a 1.000 mg di vitamina C al giorno può dimezzare l’incidenza del raffreddore in sportivi, come maratoneti e sciatori, che praticano attività fisica intensa in condizioni climatiche estreme (temperatura molto bassa, umidità ecc.). 

Un aggiornamento al 2010 della stessa revisione Cochrane ha, inoltre, segnalato che 29 studi di comparazione condotti nella popolazione generale per valutare gli effetti protettivi di un apporto di almeno 200 mg/die di vitamina C hanno evidenziato la capacità di questa integrazione di ridurre la durata del raffreddore dell’8% negli adulti e del 13% nei bambini, con effetti positivi anche sul fronte dei sintomi (risultati mediamente meno severi).

Altra sostanza naturale che ha dato prova di essere utile per proteggersi da raffreddori e influenza, soprattutto se assunta insieme alla vitamina C, è lo zinco, effetto sinergico.

La vitamina C è un micronutriente essenziale per l’uomo, con funzioni pleiotropiche legate alla sua capacità di donare elettroni. È un potente antiossidante e un cofattore per una famiglia di enzimi biosintetici e regolatori dei geni. La vitamina C contribuisce alla difesa immunitaria supportando varie funzioni cellulari sia del sistema immunitario innato che adattativo. La vitamina C supporta la funzione di barriera epiteliale contro i patogeni e promuove l’attività di scavenging ossidante della pelle, proteggendo così potenzialmente dallo stress ossidativo ambientale. La vitamina C si accumula nelle cellule fagocitiche, come i neutrofili, e può aumentare la chemiotassi, la fagocitosi, la generazione di specie reattive dell’ossigeno e, infine, l’uccisione microbica. È anche necessaria per l’apoptosi e la clearance dei neutrofili consumati dai siti di infezione da parte dei macrofagi, diminuendo così la necrosi e il potenziale danno tissutale. Il ruolo della vitamina C nei linfociti è meno chiaro, ma è stato dimostrato che migliora la differenziazione e la proliferazione delle cellule B e T, probabilmente a causa dei suoi effetti di regolazione genica. La carenza di vitamina C provoca un’immunità ridotta e una maggiore suscettibilità alle infezioni. A loro volta, le infezioni hanno un impatto significativo sui livelli di vitamina C a causa dell’aumento dell’infiammazione e del fabbisogno metabolico. Quindi,  l’integrazione con vitamina C sembra essere in grado sia di prevenire che di curare le infezioni respiratorie e sistemiche. La prevenzione profilattica delle infezioni richiede un’assunzione alimentare di vitamina C che fornisca livelli plasmatici almeno adeguati, se non saturanti (cioè 100-200 mg/die), che ottimizzino i livelli cellulari e tissutali. Al contrario, il trattamento delle infezioni accertate richiede dosi significativamente più elevate (grammo) della vitamina per compensare l’aumento della risposta infiammatoria e della domanda metabolica.

Per un approfondimento ulteriore, anche di attualità , si consiglia lettura: “The Long History of Vitamin C: From Prevention of the Common Cold to Potential Aid in the Treatment of COVID-19”

Giuseppe Cerullo 1Massimo Negro 2Mauro Parimbelli 2Michela Pecoraro 3Simone Perna 4Giorgio Liguori 1Mariangela Rondanelli 5 6Hellas Cena 6 7Giuseppe D’Antona 2 6

VITAMINA D

Numerosi studi hanno dimostrato che la D3 è la vitamina più efficace, anche quando integrata a scopo terapeutico. La sua funzione più nota è quella di fissare il calcio nelle ossa, andando quindi a contrastare la fragilità di queste ultime, opponendosi all’ osteoporosi, osteomalacia e rachitismo. In realtà la vitamina D agisce come un ormone che regola vari organi e sistemi. Ha, infatti, un’azione modulante nei confronti della risposta infiammatoria e garantisce la normale funzione del sistema immunitario. Ecco perché livelli di vitamina D3 bassa sono associati a diversi tipi di malattie, come diabete ed alzheimer, sono anche correlati con aumento della frequenza di infezioni ed incidenza di malattie autoimmuni. Esistono notevoli prove scientifiche che la vitamina D3 ha un effetto benefico sulle difese immunitarie. Ha proprietà antinfiammatorie e immunoregolatorie ed è fondamentale per l’attivazione delle difese del sistema immunitario. Può anche migliorare l’immunità specifica/ immunità acquisita e ridurre l’insorgenza di malattie autoimmuni. La vitamina D è nota per stimolare la funzione dei globuli bianchi, compresi i linfociti T helper e i macrofagi.  Diventa quindi importante, a scopo preventivo, integrare la vitamina D3 non solo per la salute delle ossa, ma anche per dare il giusto sostegno al nostro sistema immunitario. Soprattutto durante il periodo invernale, la carenza di vitamina D è un problema abbastanza comune poiché diventa difficile stare al sole e a livello alimentare si tende a mangiare cibi con meno contenuto. Quindi già nel periodo che precede i freddi stagionali, è bene immunomodulare anche con vitamina D3 per prevenire abbassamento delle difese immunitarie ed infezioni.  In particolare, negli ultimi anni, la vitamina D ha suscitato un notevole interesse. Recenti studi, infatti, oltre al suo ruolo ormai consolidato nel metabolismo osseo e nella prevenzione di osteoporosi e rachitismo, hanno dimostrato che lo stato della vitamina D è correlato con il mantenimento dell’immunità naturale, con l’incidenza di diverse malattie come tumori, malattie cardio-vascolari, infezioni respiratorie e malattie neurodegenerative. La vitamina D può essere considerata un alleato del nostro sistema immunitario; essa ha infatti la capacità di agire a livello delle cellule facenti parte di questo complesso sistema di difesa. Conseguentemente, bassi livelli di vitamina D contribuiscono all’indebolimento del sistema immunitario. Il sistema immunitario è composto da due tipi di immunità distinte, seppur in continua interazione tra loro; si tratta dell’immunità innata e dell’immunità adattativa. La vitamina D, essendo liposolubile, viene depositata all’interno del tessuto adiposo. Quando viene mobilizzata, attraversando la circolazione linfatica, raggiunge i linfonodi; in prossimità di quest’ultimi, legandosi ai recettori specifici dei linfociti B, stimola la produzione di anticorpi. Pertanto, livelli adeguati di vitamina D promuovono, o, per meglio dire, condizionano la reattività della nostra risposta immunitaria innata. A riguardo, si è rilevata una connessione tra Toll-like receptors (TLR) e risposta innata antibatterica contro la tubercolosi. Già a partire dal 1800 è possibile riscontrare testimonianze relative trattamento della tubercolosi mediante l’esposizione al sole: grazie ai recenti studi oggi è possibile ascrivere l’efficacia di tale terapia non all’azione dei raggi solari sul batterio della tubercolosi, bensì alla sintesi di vitamina D e alla sua capacità di modulare l’attività delle cellule T e B. Questa vitamina ha quindi la capacità di modulare l’attività del sistema immunitario:

  • Supportandola, qualora l’organismo è impegnato nella lotta contro le infezioni;
  • Rallentandola, in caso di eccessiva stimolazione immunitaria dovuta a malattie autoimmuni o malattie infiammatorie croniche.

Una persona con immunità compromessa è più a rischio di contrarre infezioni, soprattutto in un periodo di emergenza sanitaria come quello che stiamo vivendo a causa del coronavirus. Sicuramente seguire uno stile di vita sano, evitare situazioni di stress, seguire una giusta alimentazione aiutano a rafforzare il sistema immunitario. Nei casi di immunodeficienza, quando le difese risultano compromesse, se si vuole migliorare la propria risposta immunitaria, riveste un ruolo fondamentale un’adeguata integrazione di minerali e di vitamine. Esistono infatti alcune vitamine che migliorano l’efficienza delle difese immunitarie. La vitamina D è uno dei nutrienti più importanti e potenti per il supporto del sistema immunitario. È molto importante che i livelli di vitamina D siano ottimali, in quanto, come già visto questo micronutriente è implicato attivamente nella risposta immunitaria. Quest’ultima è in grado di sostenere il sistema immunitario e quindi di renderlo più efficiente. Numerosi studi hanno dimostrato che la cosiddetta “vitamina del sole” aiuta a ridurre il rischio di contrarre raffreddore e influenza. Sfortunatamente, un’alta percentuale della popolazione è carente, perciò l’integrazione giornaliera di vitamina D (idealmente sotto forma di vitamina D3) offrirebbe la migliore protezione.

(sono in corso studi promettenti circa vitamina D  in ambito oncologico)

 

BETA GLUCANO

La struttura dei beta-glucani ne influenza le funzioni metaboliche, in particolare le attività ipocolesterolemizzanti, ipoglicemizzanti ed immunomodulatorie. Raggiungendo inalterati l’ambiente intestinale, i beta-glucani eserciterebbero da un lato un’azione chelante nei confronti del glucosio e del colesterolo dietetico, rendendone più scarso l’assorbimento, e dall’altro ne faciliterebbero l’eliminazione attraverso le feci. Una volta introdotti con gli alimenti o tramite supplementi dietetici specifici, i beta-glucani sarebbero capaci di attivare il sistema immunitario in maniera dolce ed equilibrata, stimolando l’attività dei fagociti (una sottoclasse dei globuli bianchi che ha il compito di intrappolare e distruggere sostanze estranee, come funghi, virusparassiti e batteri). 

Non vi sarebbe quindi il rischio di indurre quella risposta immunitaria esagerata alla base di molti fenomeni allergici e malattie autoimmuni. Quindi, diverse sono le evidenze scientifiche relative all’utilità clinica dei beta-glucani, soprattutto in ambito nutrizionale.
Da un’attenta disamina della letteratura, il consumo regolare di beta-glucani:

β-Glucan in Foods and Its Physiological Functions

Ayaka Nakashima 1Koji Yamada 1Osamu Iwata 1Ryota Sugimoto 1Kohei Atsuji 1Taro OgawaNaoko Ishibashi-OhgoKengo Suzuki

“Dietary β-glucans also exert immunostimulatory and antitumor effects by activation of cells of the mucosal immune system via β-glucan receptors, such as dectin-1.”

“esercitano anche effetti immunostimolatori e antitumorali mediante l’attivazione delle cellule del sistema immunitario della mucosa attraverso i recettori β-glucani, come la dectina-1.”

β-1,3/1,6-Glucans and Immunity: State of the Art and Future Directions

Elena De Marco Castro 1 2Philip C Calder 3 4Helen M Roche 1 2 5

Affiliations expand

Free PMC article

Il sistema immunitario innato risponde in modo rapido e non specifico alle minacce immunologiche; l’infiammazione fa parte di questa risposta. Questa è seguita da una risposta più lenta ma mirata e specifica denominata risposta immunitaria adattativa o acquisita. Vi sono prove emergenti che i componenti della dieta, compresi i β-glucani derivati ​​dal lievito, possono aiutare la difesa dell’ospite contro gli agenti patogeni modulando l’attività infiammatoria e antimicrobica di neutrofili e macrofagi. L’allenamento immunitario innato si riferisce a un fenomeno recentemente riconosciuto in cui i composti possono “addestrare” cellule immunitarie innate, in modo tale che la biologia dei precursori dei monociti e dei macrofagi sia alterata per creare una risposta immunologica più efficace.  Sebbene siano stati condotti vari studi sull’uomo, esiste ancora molta incertezza e sono necessari ulteriori studi per chiarire completamente la relazione tra l’integrazione di β-glucano e la funzione immunitaria umana. Questa review offre un rapporto aggiornato sui β-glucani derivati ​​dal lievito come immunomodulatori, inclusa una breve panoramica dell’attuale paradigma per quanto riguarda l’interazione dei β-glucani con il sistema immunitario. Vengono anche esaminati il ​​recente lavoro preclinico che ha in parte decifrato la modalità d’azione e le prove più recenti provenienti da studi sull’uomo. Secondo studi preclinici, il β-1,3/1,6-glucano derivato dal lievito di birra può offrire una maggiore sorveglianza immunologica, sebbene l’evidenza umana sia più debole di quella ottenuta dagli studi preclinici.

Effects of beta-glucans on the immune system

Dalia Akramiene 1Anatolijus KondrotasJanina DidziapetrieneEgidijus Kevelaitis

[…] Le proprietà curative e immunostimolanti dei funghi sono note da migliaia di anni nei paesi dell’Est. Questi funghi contengono polisaccaridi biologicamente attivi che appartengono principalmente al gruppo dei beta-glucani. Queste sostanze aumentano la difesa immunitaria dell’ospite attivando il sistema del complemento, potenziando i macrofagi e la funzione delle cellule natural killer. È probabile che l’induzione di risposte cellulari da parte di funghi e altri beta-glucani coinvolga la loro specifica interazione con diversi recettori della superficie cellulare, come il recettore 3 del complemento (CR3; CD11b/CD18), la lattosilceramide, recettori scavenger selezionati e la dectina-1 (betaGR) . I beta-glucani mostrano anche attività antitumorale. Possono prevenire l’oncogenesi grazie all’effetto protettivo contro potenti cancerogeni genotossici. Come agente immunostimolante, che agisce attraverso l’attivazione dei macrofagi e la citotossicità delle cellule NK, il beta-glucano può inibire la crescita del tumore anche nella fase di promozione. L’anti-angiogenesi può essere uno dei percorsi attraverso i quali i beta-glucani possono ridurre la proliferazione del tumore, prevenire la metastasi del tumore. Il beta-glucano come adiuvante della chemioterapia e della radioterapia contro il cancro ha dimostrato il ruolo positivo nel ripristino dell’ematopiesi in seguito a lesione del midollo osseo. L’immunoterapia con anticorpi monoclonali è una nuova strategia di trattamento del cancro. Questi anticorpi attivano il sistema del complemento e opsonizzano le cellule tumorali con il frammento iC3b. Contrariamente ai microrganismi, le cellule tumorali, così come altre cellule ospiti, mancano di beta-glucano come componente di superficie e non possono innescare la citotossicità cellulare dipendente dal recettore 3 del complemento e avviare l’attività di uccisione del tumore. Questo meccanismo potrebbe essere indotto in presenza di beta-glucani.

ZINCO

Lo zinco è un oligoelemento essenziale che è cruciale per la crescita, lo sviluppo e il mantenimento della funzione immunitaria. La sua influenza raggiunge tutti gli organi e i tipi di cellule. Questo micronutriente espleta diverse funzioni nell’organismo:

-essenziale per lo sviluppo del feto durante la gravidanza e dopo, alla nascita per la crescita del neonato.

– necessario per il funzionamento di 200 enzimi; I dati attualmente presenti in letteratura indicano nello zinco un oligoelemento essenziale per l’attivazione o la stabilizzazione strutturale di un gran numero di enzimi e fattori di trascrizione, nonché della risposta immunitaria e antiossidante e dell’apoptosi.

–  importante per il corretto funzionamento del sistema immunitario. Proprio questa ultima attività è stata oggetto di interesse nell’ultimo periodo, in particolare nella lotta contro il COVID-19.

Nonostante il suo ruolo così cruciale per la salute, purtroppo risulta essere assunto insufficientemente. Dal momento che si legge negli annals of nutrition & metabolism che una persona su 5 è carente di zinco, con particolare incidenza su bambini,   è conveniente integrare tale nutriente anche perché un suo deficit ha impatto significativo sulla comparsa e gravità delle infezioni.

Lo zinco è coinvolto a diversi livelli nella lotta contro le infezioni virali:

  • In primo luogo, si oppone fisicamente alla penetrazione dei virusnelle cellule del corpo, limitando così la loro infezione.
  • Inoltre, una volta che il virus è penetrato con successo nelle cellule del corpo, lo zinco è coinvolto in diverse azioni che rallentano la sua moltiplicazione in queste cellule infette e la proliferazione del virus nel corpo.
  • Migliora anche l’eliminazione dei virus dal tratto respiratorio migliorando la clearance delle secrezioni bronchiali.
  • Lo zinco aiuta anche a limitare le infezioni virali stimolando il sistema immunitario. Èdirettamente coinvolto nell’aumento della produzione, da parte delle nostre cellule, di molecole che bloccano la divisione dei virus e la produzione di molecole virali tossiche.
  • Le reazioni infiammatorie eccessive, dannose per il corpo quando vanno fuori controllo (la troppo famosa “tempesta di citochine”), possono anche essere rallentate dall’azione dello zinco.
  • Infine, inibendo la crescita di batteri come lo Streptococcus pneumoniae, lo zinco aiuta a combattere le superinfezioni batteriche che spesso complicano la polmonite di origine virale.

A fronte di tutti questi meccanismi che lo vedono partecipe, è pacifica l’opportunità del ruolo preventivo dell’integrazione di zinco. I numerosi dati scientifici pubblicati oggi concordano sull’importanza dell’integrazione di zinco negli individui carenti per prevenire le infezioni virali.

Di conseguenza, lo stato dello zinco è un fattore critico che può influenzare l’immunità antivirale, in particolare perché le popolazioni carenti di zinco sono spesso più a rischio di contrarre infezioni virali come l’HIV o il virus dell’epatite C, si puo vedere  lo zinco come antivirale diretto, nonché come stimolante dell’immunità antivirale. Per esempio, una meta-analisi realizzata dalla Cochrane Library ha mostrato che l’integrazione con 75 mg di zinco al giorno riduce la frequenza di comparsa dell’influenza e la durata dei sintomi. Negli ultimi 50 anni si è accumulata un’abbondanza di prove per dimostrare l’attività antivirale dello zinco contro una varietà di virus e attraverso numerosi meccanismi. L’uso terapeutico dello zinco per le infezioni virali come il virus dell’herpes simplex e il raffreddore comune è derivato da questi risultati; tuttavia, resta molto da imparare sui meccanismi antivirali e sui benefici clinici dell’integrazione di zinco come trattamento preventivo e terapeutico per le infezioni virali. Questo è stato dimostrato per molti virus, in particolare per quelli respiratori, compresi quelli appartenenti alla famiglia a cui appartiene il SARS-CoV-2*, il virus responsabile del COVID-19. Oggi, mancano ancora dati clinici diretti sull’azione dello zinco nella lotta contro il COVID-19. Tuttavia, alla luce delle prove dell’efficacia dello zinco nel prevenire l’insorgere di molte infezioni virali, sempre più scienziati concordano sul fatto che l’integrazione di zinco dovrebbe essere utilizzata per rafforzare il corpo per prevenire Covid.

Zinc and respiratory tract infections: Perspectives for COVID-19 (Review) Anatoly V. Skalny, Lothar Rink, Olga P. Ajsuvakova, Michael Aschner, Viktor A. Gritsenko, Svetlana I. Alekseenko, Andrey A. Svistunov, Demetrios Petrakis, Demetrios A. Spandidod, Jan Aaseth, Aristidis Tsatsakis and Alexey A. Tinkov International Journal of Molecular Medecine 46: 17-26, 2020

 Zinc for the common cold Meenu Singh, Rashmi R. Das Cochrane Database of Systematic Reviews2013, Issue 6. Art. No.: CD001364

Does zinc improve symptoms of viral upper respiratory tract infection? Saigal, Pooja, Hanekom Damian Evidence-Based Practice: January 2020

Role of zinc in immune system and anti-cancer defense mechanisms. Nutrients 2019, 11(10)

Kumar A, Kubota Y, Chernov M, Kasuya H. Potential role of zinc supplementation in prophylaxis and treatment of COVID-19. Medical Hypotheses 2020; 144:109848.

LATTOFERRINA

La lattoferrina è una glicoproteina. È contenuta soprattutto nel latte dei mammiferi. È presente in elevate quantità in particolare nel colostro, il fluido prodotto dalle ghiandole mammarie subito dopo il parto. Scoperta ed isolata nel latte vaccino dagli scienziati Peter Lauritz Sørensen e Margrethe Høyrup Sørensen nel 1939, la lattoferrina è riscontrabile nel latte di quasi tutti i mammiferi a una concentrazione decrescente col progredire della lattazione; il colostro risulta pertanto contenere la massima quantità di lattoferrina, fondamentale per i bambini nella difesa e protezione dell’organismo da infezioni e nella costituzione della risposta immunitaria innata. Questo fluido fornisce al bambino anticorpi, proteine, carboidrati, grassi, vitamine e sali minerali fondamentali per la crescita del neonato e per rinforzare il sistema immunitario. La lattoferrina per i bambini rappresenta non solo un’importante fonte di Ferro ma anche uno strumento di difesa dalle infezioni virali e batteriche. Nella crescita dei bambini la lattoferrina ricopre dunque un ruolo fondamentale, che rende l’allattamento al seno un passaggio essenziale nella costituzione delle difese immunitarie del neonato, nello sviluppo del sistema gastrointestinale, nonché di una buona flora batterica, nell’assorbimento enterico del Fe.

  • Infatti questa glicoproteina ha la capacità di legare il ferro e trasportarlo nel sangue. Per questa ragione, l’assunzione di lattoferrina in sinergia con il Ferro può essere utile per chi soffre disideropenia (anemia da carenza di ferro). 
  • A noi interessa perché oltre a questa funzione, la lattoferrina esercita un’azione antimicrobica, antibatterica e antivirale, immunomodulatrice ed antiossidante. Contribuisce ad aumentare le naturali difese del nostro organismo, impedendo l’ingresso di agenti esterni che possano aggredirlo.

Funzione attribuita alla lattoferrina è quella antinfiammatoria. In situazioni patologiche le concentrazioni di ferro nel corpo umano possono aumentare a tal punto da innescare meccanismi pro-infiammatori: vengono richiamati neutrofili nel sito d’infiammazione e vengono prodotte citochine pro-infiammatorie, in particolare interleuchina 6 (IL-6). I neutrofili richiamano a loro volta la lattoferrina, che contribuisce al rientro della condizione patologica, chelando in situ l’eccesso di ferro. Una volta rilasciata, la lattoferrina è in grado di:

  • Supportare l’azione dei linfociti;
  • Regolare la produzione di citochine pro-infiammatorie;
  • Supportare l’azione di macrofagi e neutrofili.

In tal modo viene bloccato il processo infiammatorio e l’azione delle citochine. L’aumentata concentrazione di lattoferrina nel distretto infiammatorio ha fatto sì che quest’ultima venisse come una “proteina di fase acuta”.

L’attività antibatterica della lattoferrina è legata non solo alla sua capacità di legare il ferro, ma anche a meccanismi d’azione indiretti. Un meccanismo consiste nel rendere il ferro meno disponibile per diversi microrganismi; difatti la disponibilità di ferro è strettamente correlata con lo sviluppo di batteri, in quanto l’assenza di ferro è un elemento inibente la sopravvivenza di quest’ultimi.

Altri meccanismi antimicrobici invece, pare siano dovuti alla presenza di recettori N-terminali per la lattoferrina sulle superfici di molti microrganismi. Nei batteri Gram-negativi il legame tra lattoferrina e tali recettori altera irreversibilmente la struttura del glicocalice batterico con conseguente aumento della sua permeabilità e sensibilità all’azione di enzimi lisosomiali ed agenti antibatterici. Messi a contatto con la lattoferrina, alcuni batteri perdono la loro capacità di legarsi alla cellula ospite. In aggiunta è stato dimostrato che dall’attacco della pepsina gastrica nei confronti della lattoferrina, deriva un residuo peptidico, la lattoferricina, dall’azione antibatterica molto più spiccata della proteina nativa.

Inoltre la lattoferrina possiede attività antivirale nei confronti di un ampio spettro di virus sia a DNA che a RNA. La lattoferrina è in grado sia di inibire l’infezione virale in fase iniziale, legandosi subito al virus, che impedirne la replicazione una volta penetrato nell’ospite. Alcuni autori suggeriscono che la lattoferrina, essendo localizzata a ridosso del nucleo delle cellule di diversi tessuti, interferisca anche nei meccanismi di interazione dei virus all’interno delle cellule stesse. I meccanismi antivirali della lattoferrina possono essere in sinergia con farmaci convenzionali. Diversi studi clinici hanno suggerito un’importante funzione antivirale nei confronti di virus come herpes simplex, citomegalovirus, HIV, epatite B, epatite C, virus respiratorio sinciziale, hantavirus, rotavirus SA11, poliovirus di tipo 1, adenovirus di tipo 2, enterovirus, papillomavirus ed echovirus.  L’interesse scientifico verso la lattoferrina si è molto intensificato negli ultimi anni e gli approfondimenti sui suoi meccanismi d’azione si sono moltiplicati, in particolare nei tempi più recenti, segnati dalla lotta al Covid-19, in cui la lattoferrina è stata spesso al centro di studi clinici in forza delle sue proprietà antivirali.

In merito alla possibile azione della lattoferrina sui coronavirus, un recente studio condotto dall’Università di Tor Vergata suggerisce che la glicoproteina può agire sul legame tra la proteina spike e l’enzima ACE-2 (specifico per SARS-CoV e SARS-CoV-2), oppure bloccare l’ingresso virale interagendo con i mediatori del trasporto della particella virale dai siti di ancoraggio verso l’enzima, oppure ancora potrebbe inibire la proliferazione virale tramite l’induzione di segnali intracellulari.

Essa può a tutti gli effetti essere considerata un regolatore dell’immunità. È la seconda proteina più abbondante nel latte materno, soprattutto nel colostro, ed incide positivamente sulla salute del neonato, migliorando il sistema immunitario dei bambini allattati al seno e favorendo lo sviluppo del sistema gastrointestinale, proteggendo quest’ultimo da eventuali infezioni batteriche. Ha azioneimmunomodulante, condiziona il sistema immunitario.  Molti studi hanno dimostrato che l’integrazione (di lattoferrina nella dieta dei bambini prematuri ha un efficace potere preventivo nella sepsi tardiva, riducendone inoltre la mortalità associata. Per i neonati la lattoferrina, oltre ad essere una fonte di ferro e facilitare l’assorbimento di quest’ultimo, è da considerarsi un vero e proprio prebiotico per la microflora intestinale; la sua azione nei confronti della colonizzazione dell’intestino da parte di batteri patogeni è rilevante.

(Sono in corso studi sui tumori che vedono coinvolta la lattoferrina e le sue possibili interazioni con lo stato patologico oncologico. Brevemente:

– l’uso di lattoferrina, in paziente oncologico in trattamento farmacologico, per risolvere uno degli effetti collaterali dei trattamenti stessi, ossia la perdita del gusto e dell’olfatto.

-somministrazione di lattoferrina, insieme a α-lattoalbumina e β-lattoglobulina in pazienti in diversi stadi di avanzamento della patologia. Le tre sostanze hanno dimostrato inibire la crescita e lo sviluppo dei tumori attraverso l’induzione dell’apoptosi cellulare.

-la lattoferrina può impedire sia alle cellule cancerogene invasive che agli agenti oncogeni di penetrare nei tessuti dell’ospite, ergo l’invasione delle cellule tumorali nella progressione del cancro,  poiché legandosi al plasminogeno ne blocca l’attivazione in plasmina. )

Pertanto la sua integrazione può essere utile per rafforzare il sistema immunitario nei periodi di maggiore esposizione alle basse temperature e ai malanni di stagione. Considerando che si trova quasi solo nel latte materno, assumerla per mezzo di integratori costituisce una strategia efficace per supportare l’organismo.

A dispetto del nome, non vi è presenza di lattosio nella lattoferrina, che pertanto può essere assunta nelle sue diverse forme anche dai soggetti intolleranti. L’EFSA (Ente Europeo per la Sicurezza Alimentare) ha stabilito che la lattoferrina è una molecola sicura e priva di tossicità, dunque impiegabile negli integratori alimentari .

Decenni di ricerca sul ruolo dell’alimentazione nel mantenimento di difese immunitarie efficienti e sugli effetti deleteri di deficit nutrizionali di vario tipo hanno definitivamente chiarito che un apporto quotidiano adeguato di vitamine, sali minerali e composti dall’attività antiossidante è cruciale per permettere di mantenere il benessere dell’organismo e tutelarsi dall’aggressione di virus e batteri diffusi nell’ambiente, con i quali si può entrare in contatto ogni giorno.

Quando si parla di malattie da raffreddamento, causate principalmente dai virus dell’influenza e del raffreddore, a non dover mancare è l’immunomodulazione con immunostimolanti, dunque MICROIMMUNO.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Carrello